Cara Morte, non è mia intenzione disturbarti, non sono neanche sicuro di volerti scrivere questa lettera, anzi potrei fare anche a meno della tua risposta. Se ti sembro agitato è perché ho paura di te, ma solo perché ho forti dubbi nel volerti conoscere, potresti essere simpatica, ma non te la prendere se non voglio scoprirlo.
Molti ti conoscono, ma non posso saziare la mia curiosità, in quanto te li sei portati via: “Dove li porti?” in un posto bello spero, il più bello che abbiano mai visto, in fondo siamo tutti uguali tra le tue braccia, intimoriti, preoccupati e sottratti dall’affetto di tua sorella: la vita.
Credo che tu sia triste, fraintesa da come ti vedono gli altri, vuoi la compagnia dei vivi per saziare la tua mancanza, ed io ti prometto che il giorno in cui ci incontreremo, non avrò paura di te.
A volte ho la sensazione di viaggiare nel tuo essere vuoto e infinito, quello spazio bianco che non ha un limite di visione e che veglia solitario all’evolversi degli anni.
Quando penso, sei sempre pronto a fare la tua mossa, ed ecco che altri secondi sono passati, altri minuti, altri giorni, ma in fondo per te sono solo dati insignificanti, parti così piccole del tuo agire, alle quali dedichi lo stesso le tue attenzioni.
Lascia che sia io per una volta a prevedere la tua mossa.